Ultimo barbiere proprietario di Antica Barbieria Colla, ha sempre sostenuto di essere interessato solo a due cose: tagliare i capelli e scrivere.
Nato a Volta Mantovana nel 1934 e barbiere sin dall’età di nove anni, Franco Bompieri arrivò a Milano nel 1949, nell’immediato dopoguerra. Mentre il Paese e la città meneghina stavano ricostruendo la propria identità, grazie al suo lavoro ebbe modo di conoscere e servire uomini di tutti le estrazioni sociali: dagli spazzini del suo primo impiego in una bottega a Lambrate, ai ladri di biciclette del negozio in Via Marco D’Oggiono, ai signori dell’Hotel Continental, per poi arrivare in quella che è diventata la “sua bottega”, Antica Barbieria Colla, dove spesso e volentieri arte e letteratura reggono la conversazione e dove sono passate negli anni numerose “chiome illustri”. Uomini milanesi e non, che hanno ricoperto ruoli importanti nella storia del nostro paese: da Romiti a Malgara, dai fratelli Tronchetti a Cuccia, da Luchino Visconti a Jannacci.
Per molti anni, nottetempo, Bompieri è stato anche scrittore. Senza la pretesa di essere un letterato, ha pubblicato numerosi libri con i principali editori: “Il freddo nelle ossa” (1975) edito da Longanesi e Feltrinelli, “Arriva il Principe” (1978) edito da Il Formichiere e da Scheiwiller, “Antica Barbieria Colla, ovvero della salute dei capelli” (1980) edito ancora da Feltrinelli, “Augusto di Setteprati” (1984) edito da Sipiel e da Mondadori, “La chiave sulla porta” (1991) edito da Sugarco Edizioni, “Ai margini: racconti italiani, a cura di Mario Spinella e Massimo Cecconi” (1991) edito da Franco Angeli, “Un’allegra disperazione” (1998) e “Presi per i capelli” (2000) editi da Mondadori, “Antica Barbieria Colla: 1904- 2004” (2004), “Pietre e ritorno: racconti” (2010) edito da Rizzoli, “Robinie a Manhattan” (2012) sempre per Rizzoli.
Franco è come un pezzo d’ambra in cui oggi si può vedere una Milano che non c’è più: quella degli spazzini di “Miracolo a Milano”, quella dei ladruncoli e degli immigrati di “Rocco e i suoi fratelli”, per finire con la Milano raffinata del regista di quel film, Luchino Visconti. Lui è quello che è: un “artigiano dell’eleganza”, che ha conosciuto la fame ma anche La Scala, gli spazzini e i principi, i ladri e i grandi banchieri.